Fregio pittorico di 14 tele nella sala Grimani o dell'Udienza dell'appartamento dogale

Questa mia nuova attribuzione a Giulio dal Moro, riguarda la decorazione pittorica della sala Grimani dell'appartamento dogale di palazzo ducale a Venezia, quando contemporaneamente alla decorazione del soffitto della sala degli stucchi, e dieci anni dopo aver dipinto il gruppo di tele per la sala dello Scrutinio, il doge Marino Grimani chiamerà ancora l'artista per la decorazione pittorica di un'altra sala, quella dell'Udienza. Il Dal Moro eseguirà il fregio pittorico di quattordici tele che corre tutt'attorno al perimetro del soffitto nella parte più alta di tutte e quattro le pareti, diviso in gruppi di tre o quattro tele per parete.

E' un insieme di figure allegoriche, il cui significato va certamente ricondotto alla particolare funzione della sala che esprime le virtù pacifiche del principe e della Repubblica

con la "Liberalità" dello Stato felice e ricco di dovizie e allegrezza,

 

con l'"Intelligenza" vestita d'oro per manifestare il suo voler essere "lucida, chiara e risplendente",

 

con l'"Aritmetica",

 

e l'"Astronomia"

 

ma anche con la "Conservatione-Eternità" perchè tutto si conservi attraverso una "circolare trasmutazione" (1).

 

Il ciclo pittorico era comunemente attribuito ad Andrea Vicentino (1542-1617) (2), mentre la paternità di Giulio dal Moro è inconfutabilmente testimoniata dallo Stringa che nel 1603 descrive la sala e così commenta: "...fino al detto soffitto veggonsi Venetia da un capo, e san Marco dall'altro con molte Virtù all'intorno vaghissimamente dipinti da Giulio dal Moro, che sono di indicibile, e incomparabile ornamento" (3).

 

Resta questa la prima ma anche l'unica fonte che correttamente ricordi il suo intervento, l'attendibilità della quale è ulteriormente confermata dal fatto che questa descrizione fu scritta viventi entrambi i due pittori e il doge che commissionò l'opera. Resta comunque altrettanto convincente il confronto stilistico delle figure allegoriche e anche dei putti, con altri lavori di Giulio. Si osservi, ad esempio, la figura allegorica della "Astronomia"

 

molto simile alla cariatide in stucco della sala degli Stucchi (fig.1 ) oppure la si confronti con la figura allegorica della "Vigilanza" del cimiero del camino della sala del Collegio (fig.2 ). Con quest'ultima vi è anche una vicinanza nella veste: la stessa manica trattenuta da una spilla, il petto scoperto e la cinghia che lo attraversa con quella grande fibula al centro (4 ).Non mancano i suggerimenti veronesiani che avvertono nei colori puri delle vesti della"Longanimità"

 

 

e della "Dialettica",

 

nei volti tondi e carnosi che richiamano quelli delle allegorie femminili del vicino ciclo allegorico del soffitto (1575-1578) della sala del Collegio, di Paolo Caliari (5).

Ma originale è l'invenzione compositiva: la monumentale figura di ciascuna delle tredici allegorie, posta al centro della tela, si staglia sull'apertura paesistica e la chiara luce dell'ampio cielo che si stende alle sue spalle. Delicate e gustose le figure dei putti che a coppie danzano ai lati di ciascuna allegoria e paiono ricalcare le movenze dei putti del fregio scultoreo della Libreria marciana (6).

 

L'avvolgente degradare della luce sulle figure esalta i volumi e modella le forme palesando, nella morbida resa delle tonalità cromatiche, il riflesso della principale attività di scultore dell'artista.

Non è un caso che pressoché in quel periodo la Scuola Grande di San Teodoro gli affidi l'incarico di ideare nove carri trionfali per la processione che si fece in piazza san Marco nel 1598 per festeggiare la pace avvenuta tra Francia e Spagna (7).

I carri, infatti, ricalcano nel loro significato molte delle allegorie che furono dipinte nel fregio Grimani dell'appartamento dogale (8) e vennero descritti in un libretto da Luigi Collini nel 1598 (9).

 

Per questa processione, ipotizza il Wolters (10), a Giulio dal Moro fu anche affidata la responsabilità della ideazione e realizzazione di tutto il programma dei festeggiamenti.

 

note:

1) Le allegorie sono tredici e sono poste in questo ordine (partendo dalla "Liberalità" collocata sopra la porta della sala dello Scudo): "san Marco", la "Longanimità", la "Intelligenza", la "Sapienza, la "Persuasione", l'"Aritmetica", l'"Architettura", "Venezia", l'"Astronomia", la "Dialettica", la "Ragione", e la "Conservatione". Per i riferimenti iconografici cfr. G.Z.CASTELLINI, Della più che novissima Iconologia di Cesare Ripa Peerugino, Padova 1630.

2) Questa erronea attribuzione, che pare abbia avuto origina dallo Zanotto (Il Palazzo Ducale di Venezia, Venezia 1848, vol. II, tav. LII, p.2), proseguirà con il Lorenzetti (Venezia e il suo estuario, Milano-Roma 1926, p.238) e in tempi più recenti con il Pilo (in C. DONZELLI-G.M.PILO, I pittori..., cit., p.422, il FRANZOI (Il Palazzo..., cit., pp.9-10-11-12) e il MORETTI (Ambienti...,cit., p.269).

3) G. STRINGA, Venezia città nobilissima..., cit., p.219.

4) Ancora una ulteriore annotazione riguardo le piccole cariatidi delle cornici: tutte sono raffigurate con la simbolica "lingua" sopra la fronte, fra i capelli. In questo modo l'artista moltiplica per tutto il ciclo il simbolo più importante della figura allegorica della "Persuasione" che è al centro del fregio, sulla parete interna, di fronte al camino. Il simbolo è molto simile alla piccola piramide che Giulio colloca sopra la fronte di altre figure allegoriche che esegue in palazzo ducale, e che qui trasforma in "lingua" essendo questa sala la "Camera dell'Audienza" (G: STRINGA, Venezia..., cit., p.219) dell'appartamento ducale, dove appunto la lingua è simboleggiata quale strumento di persuasione (cfr. G.Z. CASTELLINI, Della più che novissima..., cit., parte II, p.567).

5) Giulio dal Moro per quanto concerne la sua produzione pittorica, terrà spesso presente l'esempio del suo conterraneo Paolo Veronese, con riferimenti che, ad esempio, nel telero firmato raffigurante il "Martirio di santa Fosca" dell'altare maggiore di santa Fosca di Torcello (1609 circa), divengono molto espliciti al confronto con la pala di Paolo del "Martirio di santa Giustina" (1575 circa) della Basilica di santa Giustina a Padova, con le sante pressoché identiche nel loro prezioso abito damascato.

6) Per quest'ultimo cfr. A. FOSCARI, Festoni e Putti nella decorazione della Libreria di San Marco,in "Arte Veneta", XXXVIII, 1984, pp.23 e sgg.

7) In occasione delle processioni, infatti, come riferisce il Wolters (Storia e politica nei dipinti di Palazzo Ducale, Venezia 1987, p.49), le Scuole "estrinsecavano l'impegno di responsabilità nei confronti dello Stato..." attraverso l'esibizione di dipinti o carri trionfali, che, appunto, ricordassero i cicli pittorici celebrativi di palazzo Ducale.

8) E sono: "san Teodoro", la "Pace", l'"Allegrezza", "Venetia", la "Liberalità, la "Religione", il "Mondo", la "Conservazione, il "Tempo".

9) G.L. COLLINI, Esplicatione de i carri trionfali fatti nella processione per la Pace tra Franza, e Spagna, dalla Scola di S. Teodoro, il di 26 luglio 1598, Venezia 1598.

10) W. WOLTERS, Storia..., cit., p.49.

 

Per completare allego anche le foto delle cinque allegorie mancanti:

la "Sapienza":

 

la "Persuazione":

 

l'"Architettura":

 

"Venetia":

 

la "Ragione":

 

e la piantina delle tele con la numerazione Franzoi:

 

studio di Enrico Comastri

"Profilo di Giulio dal Moro"

estratto da un articolo in "ARTE VENETA"

rivista di storia dell'arte, annata XLII, 1988, pagg. 87-95.