Santa Caterina d’Alessandria [1]
Il suo nome non figura in nessun testo dell’antica liturgia o letteratura cristiana [2] da ciò l’origine popolare della sua storia che viene per la prima volta scritta nel IX secolo [3] .
Il suo nome derivato dal greco Katharos che significa pura, influenzerà il racconto leggendario della santa, figlia di re, studiosa di filosofia, una sorta di Pallade cristiana che si convertì per opera di un eremita che viene ricordato perché le propose Gesù Cristo come unico fidanzato degno della sua nascita, della sua bellezza e della sua precoce saggezza.
Da ciò nacque la tardiva leggenda del suo Matrimonio Mistico col Cristo, molto popolare nel Medio Evo, che nella rappresentazione iconografica viene raffigurato bambino mentre porge l’anello alla Santa.
La leggenda più antica che vuole la Santa regina e martire di Alessandria, narra che l’imperatore Massenzio, respinto da S. Caterina, la fece frustare con dei nerbi di bue e gettare in prigione.
Santa Caterina durante alcune visite che l’Imperatrice le fece in carcere, riuscì a convertire la sovrana al cristianesimo, scatenando l’ira di Massenzio che la sottopose al supplizio delle ruote uncinate, ma le lame degli uncini affilate come rasoi, furono miracolosamente sbriciolate da un fulmine che rese cechi i torturatori.
Alla fine il tiranno la fece decapitare e gli angeli trasportarono separatamente sia il corpo che la testa della santa sul monte Sinai, dove già nel IX secolo le fu dedicato un monastero in seguito al rinvenimento delle sue ossa.
Il suo culto, molto radicato
nella sua città di Alessandria sia per i suoi natali che per il suo martirio,
doveva essere presente anche fra i Veneziani, molto prima della sua più larga
diffusione che si ebbe nell’Italia e in Europa a partire dalla prima crociata.
Questo a causa dei loro intensi traffici con l’Oriente, quando Venezia, ancora nei primi anni della sua esistenza, sviluppava i suoi commerci sotto la protezione dell’Impero Romano d’Oriente (Bisanzio).
Il culto di Santa Caterina fu
senz’altro favorito dalla devozione di un altro famoso santo di Alessandria:
L’Evangelista San Marco, patrono di Venezia, le cui spoglie furono trafugate,
come vuole la tradizione, dai mercanti veneziani Rustico da Torcello e
Buono da Malamocco e portate nella città lagunare nell’829.
Nel Medio Evo era considerata molto efficace l’intercessione di Santa Caterina, per il suo titolo di fidanzata mistica di Cristo, che la poneva subito dopo la Madonna per l’influenza che poteva esercitare presso il Cristo.
La sua abilità di avvocata, che le derivava dalle doti e capacità dialettiche dimostrate anche nel confronto con i cinquanta dottori di Alessandria, la fa patrona degli studenti e delle Università, vedi la Sorbona di Parigi che ha posto la sua immagine nello stemma e nel sigillo.
Nell’iconografia Santa Cenerina viene rappresentata
figlia di re, con la corona in testa, un libro che allude alla sua scienza,
la palma del martirio, l’anello del suo fidanzamento mistico, la spada della
sua decollazione e la ruota del supplizio.
La ruota è l’attributo che più di ogni altro caratterizza la Santa, e forse perciò la ruota è rappresentata in svariati modi: da sola, doppia, con le punte uncinate, intera o spaccata dal fulmine, grande o molto piccola, e a volte piccola a tal punto che, scambiata per un anello, sembra sia un’altra origine della leggenda del matrimonio mistico con il Bambino Gesù.
A Venezia per la chiesa di santa
Caterina di Venezia, Jacopo Tintoretto dipinse, con largo aiuto della bottega,
la storia della Santa in questi sei quadri ora in deposito presso il Patriarcato
veneziano
[4]
Anche nella basilica di San Marco troviamo molte immagini di Santa Caterina, a testimonianza della larga diffusione ed importanza del suo culto nella città e nella laguna: nei mosaici dell’arco del braccio sinistro dell’atrio, nel gruppo di statue dell’architrave della Cappella S.Clemente e nell’altorilievo dell’altare della cripta [5]
[1] Detta anche Santa Caterina delle ruote alludendo alle ruote simbolo del suo martirio.
[2] L. REAU, Iconographie de l’art chretien, Paris 1956, vol. III, pag. 262 e segg.
[3]
J.
HALL, Dictionary of Subjects and Symbols in Art, London 1974, pag.
58.
[4]
Di queste sei tele soltanto due fanno riconoscere
l’intervento diretto del Tintorerro: “S.Caterina subisce il martirio delle
ruote” e “la Santa condotta al luogo della decapitazione” con Domenico.
Negli altri quadri l’intervento del maestro si sarà limitato alla indicazione
delle linee essenziali. Le tele sono nell’ordine: “S.Caterina espone a
Massenzio le ragioni del suo rifiuto di adorare gli idoli” (160x227 cm.);
“S. Caterina disputa con i dottori di Alessandria alla presenza di Massenzio”
(160x228 cm.) “S.Caterina viene fustigata” (161x230); “S. Caterina
in carcere assistita dagli angeli e visitata dall’imperatrice” (162x226
cm.) “S. Caterina subisce il martirio delle ruote” (160x244 cm.); “S.
Caterina condotta al luogo della decapitazione” (160x244 cm.). (P.Rossi
in R. PALLUCCHINI, P. Rossi, Tintoretto, le opere sacre e profane,
Milano 1982, pagg. 223 – 224).
[5] Il mosaico è di Francesco Zuccato (XVI secolo) su cartone di Tiziano o di Lorenzo Lotto (G. LORENZETTI, op. cit., 1926, pag.177). Per quanto concerne l’architrave della cappella S. Clemente, il gruppo di statue fra cui S. Caterina appartiene a Jacobello e P. Paolo delle Masegne opera firmata 1397 (Lorenzetti, pag. 183). Nella cripta Santa Caterina è scolpita in un altorilievo marmoreo con la Vergine i santi Pietro, Marco e Orsola del 1494, (Lorenzetti, pag. 211).