Una volta trasformata la chiesa in cappella gentilizia, i
Manin si preoccuparono di completarne l'arredo sacro, con calici, paramenti e lampade,
così come ordinava Francesco Manin nel suo testamento del 1691: «... col retrato di deti [crediti] fornisca
la Chiesa di Perseriano se io non l'avessi fornita prima di morire come spero
(...) che la proveda di Callici, vesti paramenti, lampade e così di ogni altra
cosa che li potesse bisognare di cere luminarie e altro». (App. doc. II).
Ovviamente da quel testamento passarano ancora alcuni decenni prima che la chiesa fosse ultimata, per le note vicende edilizie di inglobamento nella barchessa, e questo spiega come la maggior parte dell'arredo liturgico si possa far risalire alla metà del Settecento.
L'oreficeria sacra, conservata nei depositi museali della villa, è in prevalenza costituita da pezzi creati da maestanze orafe veneziane, quando l'oreficeria della Dominante era floridissima[1], e quella locale non poteva certo competere con lei né per qualità né per prezzo.
Vale la pena di segnalare fra questi, lo splendido lavoro
a sbalzo della copertura del messale romano (cat. 4.7) e quello della croce
astile (cat. 4.1), entrambi eseguiti da una medesima bottega veneziana, il TROFEO[2],
come risulta dal punzone
Messale
romano, bottega Trofeo, XVIII sec.
Il messale è stato stampato a Venezia nel 1774 da Francesco e Nicola Pezzana, come si legge nel frontespizio con vignetta anonima incisa da mano esperta all'acquaforte. L'anno 1774 potrebbe anche essere lo stesso di esecuzione di queste due preziose lamine d'argento dell'anonimo maestro argentiere veneziano della bottega il TROFEO.
La croce astile, risponde ai canoni, in voga a quel tempo,
che si rifanno ai modelli più antichi di croce processionale, sul tipo di
quella conservata nel Museo Civico di Bassano, firmata dal famoso scultore
Antonio Averulino, il Filarete (1449) [3],
e che troviamo, in un'identica foggia di manifattura settecentesca veneziana,
anche nella croce custodita nella parrocchia di Cordenons (1761)[4]
o quelle del Pa
Croce
astile, bottega Trofeo, XVIII sec.
I punzoni che erano applicati quale garanzia dal Toccador, l'ufficiale della Zecca veneziana che aveva il compito di verificare la bontà della lega d'argento certificandola con il proprio contrassegno per mezzo di un punzone, li troviamo apposti nel messale, la croce processionale ed un reliquario a croce con le lettere Z e C separate da una A coronata[6], mentre un calice porta il punzone con le lettere G e P separate da un animale rampante[7].
Assieme a questi era impresso il leone di San Marco disegnato in moleca[8], cioè frontale, con l'aureola e le ali aperte, come un granchio, chiuso in forma rotonda, ed era apposto quale pubblico sigillo di garanzia dello Stato veneto. Infine vi era, ma non sempre, anche il punzone della bottega e dell'artigiano che aveva lavorato il pezzo.
Nell'elenco degli oggetti di argenteria sacra è stato impropriamente inserito anche un reliquiario ligneo (cat. 4.8), degno di nota per questa sua particolarità che ricalca la forma esteriore di quelli in metallo prezioso, ed anche per il sigillo in ceralacca che chiude la teca nel retro, che risale all'arcivescovo di Udine Giuseppe Trevisanato (1854-1862). Di incerta datazione, è stilisticamente assimilabile a quelli settecenteschi.
Interessante il calice romano (cat. 4.4) che porta la data
incisa 1773, proveniente dalla bottega orafa di Agostino Corandelli (Roma
1714-1786) come suggerisce il punzone parzialmente visibile dell'argentiere,
che era formato dalle sue iniziali e diviso da un fiore pentalobato. Ora si
distingue soltanto la lettera maiuscola A e parte del fiore, ma va a completare
la lettura
Si noti la diversità di stile fra le diverse aree
geografiche: il disegno architettonico preciso, costruito Calice
romano, 1773
Sono evidenti le affinità stilistiche con il calice romano custodito nel tesoro del Duomo di Grado[10] dello stesso argentiere Corandelli: base mistilinea, fusto che si allarga in tre cornicette spezzate aggettanti, gli scudi a cartoccio della sottocoppa scolpiti con i simboli della Passione. Nel calice di Passariano l'insieme appare però meno sontuoso, più semplice di quello di Grado.
Lungo il bordo interno della base si legge la scritta incisa REFORMATORVM CELLENIN IN FASCHATE 1773.
Un altro calice è datato, 1952 (cat. 4.6), con la dedica a Lodovico Leonardo Manin Patrizio Veneto. Esso acquista un particolare significato poiché costituisce probabilmente il ricordo dell'ultimo conte Manin che abitò in questa villa di Passariano, allo stesso cui, l'allora Segretario di Stato vaticano mons. Montini, futuro papa Paolo VI, firmò il diploma di cavaliere commendatore dell'Ordine di Gregorio Magno (cat. 5.11).
Si tratta forse dell'unico pezzo di argenteria sacra,
conservato qui a Passaria
Di ottima fattura l'ostensorio, coronato dalla statuina del Cristo Redentore con vessillo, secondo l'uso invalso in quel tempo (cat. 4.3). Pregevoli i reliquari, a semplice croce (cat. 4.9), a croce dentro una tenda argentata (cat. 4.11), a fanale (cat. 4.10), ed in legno dorato (cat. 4.8), tutti chiusi da sigilli in ceralacca.
Candeliere
ligneo, XVIII sec.
Per quanto concerne l'arredo dell'aula sono da segnalare come pezzi singolari ed interessanti per la ricchezza dell'ornamento ed il pregio della fattura artigianale, i candelieri lignei dorati (cat. 5.3) posti su ciascuna delle otto semicolonne che segnano i lati dell'ottagono della cappella.
Anche il crocefisso ligneo (cat. 5.4), normalmente posto alla sinistra dell'altar maggiore, ci induce ad alcune considerazioni per certe assonanze stilistiche con il Cristo in marmo dell'altare della Crocefissione. Si potrebbe, infatti, azzardare il nome dello stesso artista, Giuseppe Torretti, per quella identica rigidità nel modellare il corpo, teso e sofferente, quello stesso reclinare del capo e quelle ciocche di capelli che scendono sulla spalla destra; la positura delle gambe e dei piedi, le profonde scanalature della corona di spine e i lunghi chiodi conficcati nel palmo delle mani chiuse, suggeriscono questa vicinanza.
Non va dimenticato che il Torretti fu, prima ancora che scultore in pietra, scultore in legno, mantenendo anche da artista affermato questa doppia veste, che lo vide, nel 1726, Sindaco dell'Arte degli Intagliatori in legno, e contemporaneamente Prior del Collegio degli Scultori[12].
I due gonfaloni (cat.5.6), in seta ricamata e dipinta, che ornano i lati della cappella maggiore portano al centro, per ciascun lato, un ovale con immagini sacre.
Per completezza bisogna aggiungere i vari reliquari in bacheca, ed ancora alcuni oggetti in deposito come risultano nella parte 5^ del Catalogo delle opere.
Gonfalone
con l'immagine di Sant'Andrea |
Custoditi in un cassettone della sacrestia, i ricchi
paramenti sacri settecenteschi voluti da Francesco Manin nel suo testamento del
1691 " & che la proveda di Callici, vesti paramenti, lampade e così di ogni
altra cosa che li potese bisognare &" (App. doc. II).
Si tratta di
dodici pezzi di raffinata e preziosa
lavorazione: 4 pianete, 4 piviali, 1 tunicella, 1 stola e 2 teli Tunicella in oro, paramento sacro del XVIII sec.
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[1] Vedi l'esempio della città di Pordenone dove <Tra la metà del 600 e la fine del 700 la barca di Pordenone trasporta casse di argenteria: sono cartaglorie, turiboli, navicelle, calici pissidi, candelieri, croci, lampade, aste, ostensori, secchielli destinati alle parrocchie maggiori come ai più modesti oratori.> come spiega il Goi nel saggio: Contributo alla storia dell'oreficeria nel territorio di Pordenone, in Oreficeria sacra del Friuli Occidentale. Sec. XI-XIX. Catalogo della mostra a cura di Giovanni Mariacher. Con introduzione di Gian Carlo Menis, Pordenone 1976, pp. 81-89.
[2] TRO/FEO, secolo XVIII, data: 1714-1750, contrassegno della bottega posta all'insegna del "Trofeo"; P. PAZZI, I punzoni dell'argenteria e oreficeria veneziana, Venezia 1990, p. 105, (punzone n. 214).
[3] F. RIGON, L'attività del Civico Museo di Bassano nel 1982, "Arte Veneta", XXXVI, 1982, pp. 337-338.
[4] G. MARIACHER, Comune di Pordenone, in Oreficeria sacra del Friuli occidentale, sec. XI - XIX. Catalogo della mostra a cura di Giovanni Mariacher e contributi di Paolo Goi, Pordenone 1976, pp. 58-59, (scheda n. 63).
[5] Esposto nella villa Manin di Passariano nel giugno del 1992 in occasione della Mostra Ori e tesori d'Europa. Cfr. G. GANZER, L'oreficeria del Settecento, in Ori e tesori d'Europa, Mille anni di oreficeria nel Friuli-Venezia Giulia, catalogo della Mostra a cura di G. BERGAMINI, Milano 1992, schede di S. TAVANO n. XI.29, pp. 326-327, e n. XI.32, pp.330-331.
[6] P. PAZZI, I punzoni &, cit., punzone n. 222, p. 107.
[7] EAD., I punzoni &, cit., punzone n. 114, p. 71.
[8] EAD., I punzoni &, cit., punzone n. 330, p. 146.
[9] A. BULGARI CALISSONI, Maestri argentieri, gemmari e orafi di Roma, Roma 1987, pp. 157-158.
[10] Esposto nella villa Manin di Passariano nel giugno del 1992 in occasione della Mostra Ori e tesori d'Europa. Cfr. L. CRUSVAR, Il tesoro di Grado, in Ori e tesori d'Europa, Mille anni di oreficeria nel Friuli-Venezia Giulia, catalogo della Mostra a cura di G. BERGAMINI, Milano 1992, scheda V.12, p. 165.
[11] Celebrazioni tiepolesche, villa Manin a Passariano, 27 giugno - 31 ottobre 1971
[12] Da poco costituitosi: è soltanto dal 1723 che è ufficialmente riconosciuto dalla Serenissima la distinzione fra la professione del tagliapietra e quella dello scultore, cfr. G. VIO, Giuseppe Torretti intagliatore in legno e scultore in marmo, A.V. XXXVIII, 1984, p. 204-210. Da ricordare un crocefisso ligneo nella arcipretale di Pagnano, attribuito dal Semenzato al Torretti (C. SEMENZATO, Giuseppe Torretto, A.V. XVIII, 1964, p. 131, fig. 154).