Sopra la porta interna che collega la villa alla sacrestia, vi è il rilievo marmoreo di Pietro Barbo (1417-1471), nobile veneziano qui ritratto di profilo nei paramenti sacri di vescovo di Vicenza.
L'accentuazione naturalistica del modellato del volto su cui traspare l'influenza del modello antico suggerito dal motivo a tempietto della piccola edicola, fa intuire quel genere di provenienza toscana, in voga dall'ottavo decennio del '400, quando divenne di gran moda il ritratto a mezzo busto in scultura.
Il plasmare morbido, fine e disteso dell'incarnato, la quieta energia di quello sguardo fisso, sostenuto dalle due dita levate e benedicenti, suggeriscono il nome dello scultore fiorentino Mino da Fiesole[1]. La lettura stilistica del busto di Niccolò Strozzi dello Staatliche Museen zu Berlin, assieme ai rilievi del Museo del Bargello, in particolare il profilo di Aurelio Cesare Augusto[2], ci consente di sostenere quest'attribuzione per l'ordine calmo ed armonico delle superfici[3] e la limpida sicurezza del tracciato del profilo.
Mino da Fiesole, artista cui è attribuito anche un altro busto di Paolo II (1470 c.), oggi conservato nel Museo di Palazzo di Venezia[4], lavorò con Giovanni Dalmata anche alla tomba di papa Barbo in s. Pietro (1475-1477).
Il busto è inserito in una stretta edicola, nel cui timpano è posto il cappello cardinalizio con il cordone e i quattro fiocchi distintivi del suo rango di principe della chiesa con il titolo di san Marco in Roma (1451)[5].
Due eleganti pilastrini laterali racchiudono l'edicola, congiunti in basso dal riquadro epigrafico, ed in alto da una breve trabeazione decorata ad ovuli.
E' interessante osservare come la fine decorazione floreale che adorna i pilastrini si avvicini molto a quella disegnata dal segno elegante dei rilievi di Giovanni Antonio Pilacorte[6]; il confronto con la decorazione lapidea del portale della sacrestia della chiesa di S. Pietro apostolo di Travesio[7], attribuita, appunto, al Pilacorte, suggerisce quest'accostamento per la delicata grafia e la pressoché identica ideazione del disegno[8].
L'insieme, non perfettamente giustapposto[9], rivela la ovvia non originaria collocazione del ritratto, ed un richiamo alle edicole fiorentine dei ritratti marmorei del Bargello.
Nel giovane vescovo benedicente si riconoscono, invece, senza incertezze i tratti fisionomici, morbidi e volitivi ad un tempo, di Pietro Barbo, confrontabili con la sua effigie posta nelle numerose medaglie fatte coniare durante il suo pontificato, di cui vale la pena di menzionare quella creata da Giuliano di Scipione su una corniola, ora a Palazzo Pitti[10], e nel dipinto conservato nella chiesa della Bragora a Venezia.
La ricchezza dei paramenti, la grande fibula che trattiene il piviale ed il prezioso bacolo dal nodo a forma di tempietto, purtroppo mancante di una porzione del manico ricurvo, sono altrettanti segni caratteristici della personalità ritratta, appassionato collezionista di preziosi oggetti d'arte[11].
Figlio di Polissena Condulmer, sorella di papa Eugenio IV, Pietro Barbo, colto umanista, fu collezionista di opere d'arte, pietre preziose, oreficeria, studioso di archeologia ed appassionato esperto in numismatica: sicuramente uno dei personaggi più significativi della Roma rinascimentale, fondatore nel 1455, quando era ancora cardinale, del palazzo di San Marco (oggi Palazzo Venezia).
Mino da Fiesole, M. Aurelio Cesare,
Firenze
Mino da Fiesole, Niccolò Strozzi, Berlino
Ansioso di lasciare traccia di sé ai posteri, dette un notevole impulso alla tradizione delle medaglie murali, cioè a quelle medaglie commemorative, con la propria effigie, destinate ad essere collocate anche nelle fondamenta dei palazzi, e di cui abbiamo conoscenza solo grazie alle copie che comunque erano conservate per ricordare l'importanza dell'evento cui si riferiva; la prima fu quella coniata per la fondazione della fabbrica di Palazzo San Marco[12].
Sempre per questa magna aeternitatis cupido, di cui il cardinale Ammannati ebbe a rimproverare a Paolo II in una lettera (1468), di lui ci rimangono ben trenta differenti tipi di medaglie, e numerose iscrizioni che fece tracciare dappertutto in versi latini per la sua passione per lo studio dell'arte epigrafica.
Le troviamo nelle opere che commissionava, nelle donazioni, sugli altari, sulle porte e sulla facciata di Palazzo Venezia[13] ed anche qui a Passariano alla base del rilievo:
PETRVS BARBVS VENETVS
PRAESVL VINCENTINVS CARD.
A. MARCI DEIND
PAVLVS. II. PONT. MAX.[14]
Nel ritratto Paolo Barbo indossa ancora i panni vescovili, ma già con i quattro fiocchi che attestano la sua nomina a cardinale di S. Marco in Roma, avvenuta effettivamente nel 1451. Considerando che l'elezione al pontificato avvenne il 30 agosto 1464[15] è possibile restringere al decennio intercorso tra le due date la realizzazione dell'opera.
Se il problema della datazione è risolvibile con sufficiente approssimazione, più complesso è stabilire la provenienza del rilievo. Supponendo che il ritratto sia stato eseguito a Roma, in seguito alla nomina di Barbo a cardinale e ai compiti legati alla nuova carica, non ultimo l'edificazione di Palazzo di Venezia, pensato anzi come collocazione naturale dell'effigie [16], è possibile che il tramite verso Passariano sia stato il nipote Marco Barbo, patriarca di Aquileia[17], richiamato in sede da Roma, dopo la morte dello zio[18].
Fu Marco Barbo, come risulta dalla iscrizione dedicatoria tombale al pontefice Paolo II:
MARCUS BARBUS CAR.
S. MARCI
PATRIARCHA AQUILEIEN
CONSANGUINEO B.M.P. AN SAL MCCCCLXXVII
a far erigere il suo monumento funebre e come Patriarca di Aquileia, può aver fatto trasferire proprio ad Aquileia il ritratto dello zio.
L'attuale collocazione dell'opera è certamente avvenuta dopo le ristrutturazioni settecentesche, ed è possibile che a seguito dei rinnovati studi e rivalutazioni sulla figura di umanista di Paolo II[19] possa essere sorto l'interesse dei nobili Manin per questa importante figura di pontefice veneziano[20] e per questo suo vigoroso e limpido profilo marmoreo.
Home Introduzione Interno Arredo Manin Appendice documentaria Catalogo opere Bibliografia
[1] Poppi 1429 - Firenze 1484. Autore di numerosi busti, tombe e pannelli nella Cattedrale di Prato. La tomba di Paolo II, in S. Pietro a Roma e la tomba del conte Ugo di Toscana alla Badia di Firenze, cfr.: D. ANGELI, Mino da Fiesole, Firenze 1905.
[2] Inv. N. 76, Museo Nazionale del Bargello, Firenze.
[3] Di cui il Del Bravo sottolinea che: "la sua scultura [ &] è fondata su valori di superficie.", cfr. C. DEL BRAVO, Scultura senese del Quattrocento, Firenze 1970, p. 87.
[4] M. L. CASANOVA UCCELLA, Paolo II e le fabbriche di S. Marco, Roma 1980, scheda n. 2, pp. 20-21.
[5] Creato il 16 giugno 1451 (HIERARCHIA CATHOLICA, voce Pietro Barbo, vol. II, p. 267). Con quattro fiocchi allora era indicato il rango di cardinale, vedi lo stemma Barbo incorniciato dalla berretta e i quattro fiocchi, nella medaglia coniata nel 1455, in occasione della fondazione di Palazzo di San Marco quando era, appunto, cardinale. (R. WEISS, Un umanista veneziano Papa Paolo II, Venezia 1958, p. 50, e lo stemma con iscrizione sulla facciata di Palazzo di San Marco sempre del 1455; F. GLIGORA - B. CATANZARO, Storia dei Papi da s. Pietro a Giovanni Paolo II, Noventa Padovana 1991, vol. II, pp. 715-718.
[6] Uno dei più importanti lapicidi lombardi approdati in Friuli negli ultimi decenni del XV sec. Cfr.: G. BERGAMINI, G.A. Pilacorte, Udine 1970.
[7] Pietro e Ornella RUGO, la chiesa di S. Pietro apostolo di Travesio, 5°Comunità Montana, Proloco 1990, pp. 50-55.
[8] Il vaso in basso da cui sorte un lungo stelo con tre coppie di foglie, due esili steli laterali da cui pendono i baccelli carichi di semi, ed ancora le foglie, quindi i baccelli che si ripetono armoniosamente a ribadire il loro augurale significato di prosperità.
[9] La cornice marmorea appare chiaramente più ampia delle dimensioni della edicola ove è scolpito il busto di Paolo II.
[10] Inventariata al n. 323, Gemme 1921, Collezioni Granducali (AFS. BAS FI n. 293529) cfr. WEISS, Un umanista &, cit., p. 64, fig. 25 e 26. La corniola, incisa in occasione della proclamazione del giubileo, fu modello di vari esemplari in bronzo ed una in oro custodita nel Medagliere Vaticano, G.F. HILL, A Corpus of Italian Medals of the Renaissance before Cellini, Londra 1930, n. 787; M. L. CASANOVA UCCELLA, Paolo II &, cit., pp. 22-27; B. MORSOLIN, Medaglie del Vellano di Padova in onore di Paolo II, in "Rivista Italiana di Numismatica", III, 1890, pp. 549-553; G. J. POLLARD, Medaglie italiane del Rinascimento nel Museo Nazionale del Bargello, Firenze 1984-1985.
[11] L'inventario delle raccolte di Pietro Barbo fu redatto nel 1457, ed è tuttora presente in un codice cartaceo dell'Archivio di Stato di Roma. E' pubblicato in E. MÜNTZ, Les Arts à la Cour des Papes pendant le XV et le XVIème siècle, Paris 1879, vol. II. pp. 181-287.
[12] Le medaglie erano incerate e collocate in contenitori di coccio, ed inserite nei muri nuovi delle fondamenta del palazzo. Nel solo 1466, anno del Concistoro, ne collocò ben 645 (G. ZIPPEL, Per la storia del Palazzo di Venezia, in "Ausonia", II, 1907, pp. 114-136). Paolo II pone medaglie anche in altri edifici dei Palazzi Vaticani.
[13] R. WEISS, Un umanista &, cit., p. 37.
[14] Con le prime tre parole inizia anche l'iscrizione che il futuro Paolo II fece porre sulla facciata del suo Palazzo di San Marco nel 1455, sotto al proprio stemma Barbo con berretta cardinalizia: PETRVS. BAR / BVS . VENET / VS. CARDI / NALIS . SAN / CTI . MAR / CI . HAS . AE / DES . CONDI / DIT . ANNO / CHRISTI / MCCCCLV. Mentre l'ultima parte di questa epigrafe è riprodotta nelle monete di commemorazione di Palazzo San Marco fatte coniare dal cardinale Pietro Barbo.
[15] HIERARCHIA CATHOLICA, vol. II, p. 14. La data è da considerarsi ante-quem giacché è da escludere che Pietro Barbo si sia fatto ritrarre in veste di cardinale dopo la sua elezione a pontefice. L'iscrizione che lo ricorda papa deve, ovviamente, supporsi riscritta.
[16] L'inventario delle sue collezioni del 1457, più sopra ricordato, tace sulle opere lapidee, né il Vasari le menziona, se si esclude un ritratto di Paolo II che ricorda essere posto "a sommo le scale " di Palazzo San Marco, e che attribuisce a Bartolomeo Bellano (cfr.: G. VASARI, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori et architettori, ed. G. Milanesi, Firenze 1878-1885, vol II, p. 606), si tratta del busto sopra menzionato, oggi presente nelle collezioni museali di Palazzo Venezia, di cui la critica moderna dirotta l'attribuzione verso lo stesso scultore Mino da Fiesole.
[17] M. DELLA TORRE, Della chiesa aquilejese e del Patriarcato, in "Monografie friulane", Udine 1847, pp. 16-20.
[18] Si può comunque avanzare anche l'ipotesi che il ritratto sia stato portato a Venezia da un altro patrizio veneziano, Domenico Grimani, per arricchire la sua splendida e famosa collezione di glittica e statuaria, anch'egli eletto cardinale con il titolo della basilica di San Marco in Roma, dal 1505 al 1523.
[19] A. M. QUERINI, Pauli II Veneti P.M. vita ex codice Angelicae Bibliothecae desumpta, praemissis ipsius summi pontificis vindiciis, Roma 1740.
[20] Pietro Barbo è nato nella parrocchia di S. Giovanni in Bragora a Venezia, il 23 febbraio 1417. Nella chiesa dietro all'altar maggiore vi è un tronetto di marmo con lo stemma papale di Paolo II, cfr.: E. VITTORIA, chiesa di S. Giovanni in Bragora, Venezia 1981, p. 31.