LA SACRESTIA

 

 

La sacrestia, come si è detto, è il luogo di incontro fra la villa e la chiesa, sua sacra appendice, riservata al clero ed alla nobiltà. Passaggio obbligato per i nobili Manin per assistere ai riti, spazio che è proseguimento virtuale dei portici della villa, loro sicuro possesso, punto di contatto che trasforma, come si è detto, l'antica chiesa del paese in cappella gentilizia.


La ricchezza dell'arredo, i preziosi altari ed armadi, sottolineano l'importanza di questo luogo deputato alla preparazione del sacrificio liturgico, ma rivelano anche la munifica presenza dei nobili Manin, il desiderio di esibire il lusso del loro potere, la magnificenza dell'apparato architettonico e la accorta regia iconografica che lo carica di sottintesi legami simbolici.

La scultura domina anche qui in sacrestia e va assegnata interamente a Giuseppe Torretti, a parte l'acquasantiera, il lavabo ed il rilievo di Pietro Barbo, mentre alla pittura è concesso soltanto lo spazio per i due grandi monocromi delle portelle degli armadi, i quattro quadri con figure di santi dalle cornici intarsiate ed il ritratto di Francesco Manin.

Qui in sacrestia, più ancora che in chiesa, è accentuata la centralità della figura della Madonna, titolare della chiesa, protagonista della salvezza umana, attraverso il sacrificio del Figlio e la sua concreta mediazione, questo in sintesi il messaggio iconografico della sacrestia.

Infatti, appena si entra dalla porta che dalla villa immette direttamente in sacrestia, lo sguardo è subito catturato dalla esuberante e singolare corporeità del monumento alla Madonna del Carmelo, tangibile simbolo di liberazione dalle fiamme del Purgatorio.

Alla parete destra, l'altare del Crocefisso, unico vero altare della sacrestia con predella e mensa, simbolica e bianca presenza del sacrificio divino, cui, non a caso, sono collocati ai lati i monocromi degli armadi che raccontano del peccato originale, ed esprimono, nella loro monocorde tonalità, la funesta condanna per quei due momenti de la tentazione del serpente e de il peccato di Adamo ed Eva.

Sulla parete interna, sinistra, il minuto racconto delle due pale marmoree della Madonna Immacolata e Addolorata degli altari prospettici.

 


Gli altari prospettici

Singolari ed unici nel loro genere questi due altari di prospettiva,  così  chiamati  da  Giuseppe  Torretti   nelle  ricevute  di pagamento rilasciate al conte Nicolò Manin a partire dal luglio 1724, fino all'agosto 1725 (App. doc. XVIII, XIX)[1]. Nell'architettura di altari, l'uso dell'illusione prospettica si limita di solito al solo spazio riservato all'ancona, qui, invece, coinvolto in questo artificio, tutto l'apparato monumentale, dalla base al soffitto, in un'elaborazione minuta e preziosa di tasselli e tarsie policrome. 

In ciò la novità di questi altari che per la finta volta a botte cassettonata, al contrario, ricordano molti illustri esempi sia in pittura che in scultura. Fra questi ricorderei la pala marmorea della Incoronazione della Vergine della cappella Barnabò di S. Giovanni Crisostomo, a Venezia,  scolpita da Tullio Lombardo[2] e l'esempio pittorico dell'affresco del Masaccio[3], della Trinità in Santa Maria Novella, a Firenze, certamente visto dal Torretti durante il viaggio per Roma compiuto assieme a Domenico Rossi[4].

La vena narrativa del Torretti si esplicita in tutta la sua eloquenza nelle pale marmoree dei due altari prospettici della sacrestia, non a caso chiamate nelle registrazioni contabili due Palle de Bassirillevi Historiati[5], proprio per sottolineare questa loro caratteristica di racconto scolpito, anche se realizzate in un lessico iconografico complesso e colto.

Il tema è sempre quello mariano del riscatto che la grazia della Vergine opera sulla colpa originale di Adamo ed Eva, qui raccontato in due chiavi di lettura parallele e sintetizzate nelle scritte poste nei cartigli che un putto regge sopra ciascuna pala[6]. In quella di sinistra si legge: "NEQVE MACVLA NEQVE POENA", in quella di destra: "NON POENA SED DOLOR"[7].

Fulcro iconografico delle due pale marmoree, la Immacolata Concezione, è la dominatrice del demonio-serpente, il simbolo della forza che si oppone al peccato, la Purezza inviata sulla terra dal Padre Eterno per la salvezza del genere umano, ma è contemporaneamente la Madre Addolorata, colei che si fa carico, nel dolore, delle vicende umane del Cristo crocefisso[8], e perciò, come il Figlio, anche lei moralmente crocefissa, e martire nell'anima.

Le vicende umane, particolare della pala dell'Immacolata

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nella luminosa atmosfera della sacrestia, si confondono queste pale prospettiche fra le tinte chiare e sfumate delle prospettive architettoniche, appiattite nella loro illusoria consistenza, e si mostrano anch'esse scolpite di quella medesima luce della elaborata scenografia, formando un tutto armonico di raffinata eleganza dove non appare subito l'idea da comunicare, il valore religioso da celebrare. La realtà che viene percepita non è più quella tangibile delle cose, ma quella evocatrice e fantastica della creazione artistica  che fluttua liberamente nelle sensazioni piacevoli e raffinate delle immagini, nella meraviglia degli effetti illusori, cui è affidato il compito di stabilire il primo e più immediato impatto emozionale con lo spettatore.

La complessità del tema, e la narrazione ad episodi in sequenza, come raramente si è visto in scultura in una stessa pala[9], costringe l'artista a ridurre fortemente la scala della rappresentazione, quasi un ulteriore ostacolo alla immediatezza della lettura. Non per porre delle barriere fra la sua opera e lo spettatore[10], ma soltanto poter filtrare, selezionarne il fruitore: ai più, il coinvolgimento di carattere estetico delle ardite e preziose sperimentazioni dell'artista artigiano, ai pochi, alla ristretta e colta élite, anche il gusto di una attenta lettura della minuta sintassi del tema mariano, riservandosi per questi, l'opportunità di dispiegare appieno le sue doti di attento narratore[11].

Pala dell'Immacolata Concezione

La pala della Immacolata Concezione è divisa in due parti: a sinistra, viene rappresentato l'uomo nei suoi tre passaggi fondamentali della vicenda umana: - la cacciata dal Paradiso Terrestre, - il travaglio umano, - la salvezza o il castigo nelle fiamme fra i demoni; a destra, è descritto il Padre Eterno che invia sulla terra la Madonna, unica creatura concepita senza peccato originale.                                                                              L'oggetto  tematico  è  duplice:  da  una  parte il peccato

originale con le sue conseguenze sul genere umano, e dall'altra l'intervento di Dio attraverso la grazia dell'Immacolata Concezione.

La netta divisione verticale sottolinea le differenze dei ruoli, ma anche il legame voluto dall'azione di riscatto della grazia di Maria sulla colpa di Eva[12]  e la vittoria sul peccato originale come ricordano i suoi piedi poggiati sul globo terrestre mentre schiacciano la testa del serpente tentatore.

L'iconografia della Madonna riprende gli attributi descritti nella Vergine dell'Apocalisse, cioè le stelle sul capo, la luna ai suoi piedi[13] ed il serpente, simbolo biblico del demonio[14], nei modi che l'arte barocca elaborò e definì[15], e che Giambattista Tiepolo consacrò nelle tele di Vicenza e del Prado.

La Madonna è con le braccia incrociate sul petto e guarda verso il basso, verso le anime del Purgatorio, verso la croce liberatrice, unico punto d'incontro fra le due parti della pala, passaggio della grazia che salva dalle catene, come spiega la giovane figura liberata dal castigo, sulla sinistra.


In alto le mura del Paradiso Terrestre, e l'angelo con la spada che scaccia i nostri progenitori, Adamo ed Eva. Da essi ha origine la complessa e difficile trama delle vicende umane, descritte nelle mutevoli e contraddittorie manifestazioni della ricchezza e della povertà, della giovinezza e della vecchiaia, della gioia per una nuova vita che nasce ed il dolore per la persona cara che muore: quella che è la quotidiana lotta per l'esistenza.

In basso un groviglio di diavoli nella disperazione delle pene, sopra cui si libra una giovane anima salvata dall'intervento della Madonna Immacolata[16].

 

La pala della Madonna Addolorata

Un Dio severo, centro motore dell'opera, nel suo imperscrutabile disegno, muove dall'alto i protagonisti della redenzione umana, brandendo nella mano destra alzata, un arco.

Le sette frecce da Lui scoccate hanno già raggiunto il cuore della Madonna, perché già si è compiuto il sacrificio del Figlio, come si vede dalla descrizione dei simboli della sua passione.


Il dolore di Maria, voluto da Dio per il bene degli uomini, è dunque il tema della pala, un inno all'opera divina, ma anche la manifestazione del punto d'incontro più tangibile e sentito del divino con l'umano. E la Madonna, in questa pala in cui è assente la figura dell'uomo, con il suo dolore si fa a lui più vicina e diventa lo strumento più concreto di mediazione fra la Terra ed il Cielo.

 


Simboli della passione del Cristo, dettaglio pala dell'Addolorata

 

Il movimento rotatorio ed ascensionale che il Torretti imprime alle figure, rende appieno quest'idea di Maria mediatrice, di Scala del Cielo: gli occhi rivolti in alto, indica con le mani il cuore trafitto dai sette dolori, rappresentati a sinistra da una schiera di sette angeli ciascuno con una freccia[17].

 

 

In alto, il Torretti esplicita le scene della vita del Cristo che sono all'origine dei Sette Dolori della Vergine. In un'elegante e rapida successione descrive quando Egli è tentato dal diavolo sul monte, poi dietro a lui, si scorge la testa di un mulo sopra il quale la Madonna e Gesù fuggono in Egitto con S. Giuseppe, e sotto, il tempio di Gerusalemme dove il Cristo sta predicando. Ed ancora, il delicatissimo brano della natività, seminascosto dalla grande figura del Salvatore che sorregge il globo, e davanti a lui dei putti con i simboli della passione: la corona di spine, i chiodi, la frusta, il calice, un teschio, l'asta con la spugna, una lancia e la croce[18].

 

In basso a destra due putti approntano un serto di foglie di palma e gladioli su cui è infilata una corona, a simboleggiare il suo stato di Regina fra i martiri, di Martire nell'anima.

Pur essendo di più difficile lettura al confronto con quella dell'Immacolata, anche questa pala è eseguita dal Torretti mantenendo fede all'idea di tessere nella luce i lievissimi rilievi tematici. Trasparenti e diafane le immagini modellate si celano nel biancore levigato delle superfici, appena mosse dalla schiera compatta dei sette angeli o dalla foga disordinata dei cherubini che vorticano al cielo.

Il comporre turbinoso, privo di pause e più omogeneo, riflette la mancanza in questa pala, di uno sviluppo temporale del racconto: il tema è uno solo, unico è il momento descritto, perché unica è l'idea generatrice di quel perenne movimento, di quell'atto senza tempo che è il disegno divino.

Veri pezzi di bravura quei brani, come quello del monte, della tentazione di Cristo o quello della natività, descritti dall'artista con raffinata delicatezza.

 

 

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[1] La prima notizia scritta di questi altari è del 15 luglio 1724 ne il "Giornale delle spese ..." c. 108r, dove si legge del pagamento "per i basamenti degli Altari di Prospettiva di Persereano". L'11 agosto 1725 a c. 121r. si legge del pagamento "per poner in opera li Altari di Prospettiva" (cfr. Appendice documentaria).

[2] Un altro esempio noto è quello della cappella maggiore quattrocentesca della chiesa di Santa Maria presso San Satiro, a Milano, in cui Bramante simula la presenza del coro dietro all'altare con una finta volta a botte cassettonata

[3] Ove è reso quell'effetto sequenziale nella lettura dell'opera: un percorso a scansioni successive del racconto, affinchè più precisa e calibrata sia l'esposizione tematica. Non vanno comunque dimenticati altri lavori, in pittura, di artisti che adottarono questo tema, come il Tiziano nella sua Pentecoste della chiesa della Salute, a Venezia.

[4] Domenico Rossi va a Roma, a Firenze, Pisa , con il Torretti ed altri artisti come Giovanni Scalfurotto e Pietro Baratta (Temanza-Ivanoff, 1963).

[5] Si veda il "Giornale delle spese " a c. 120r.

[6] Sempre nel "Giornale" a c. 120, vengono menzionati i titoli dei due bassorilievi: "Immacolata Concetione con li suoi effetti e la S. V. addolorata con le cause et effetti de suoi Dolori".

[7] NÉ MACCHIA, NÉ COLPA, intesa come colpa originaria, peccato originale, cioè riferita al privilegio di Maria per essere stata, fra tutti i discendenti di Adamo ed Eva, concepita senza peccato, di essere cioè l'Immacolata Concezione. NON COLPA, MA DOLORE, perchè pur senza peccato ha molto sofferto: è la Madonna Addolorata.

[8] La Vergine dei Sette Dolori, sette come le sette stazioni della salita al Calvario del Cristo, suo figlio.

[9] In pittura viene alla mente l'affresco di Lorenzo Lotto delle Storie di santa Barbara (1524), dell'Oratorio Suardi di Trescore (Bergamo).

[10] Come sostiene la Frank quando scrive che al rilievo torrettiano vanno assegnate le proprietà di un "Andachtsbild" post-tridentino affermando che "il gioco prospettico non ha la funzione di creare uno spazio per l'accadere nella pala d'altare, e ancora meno di fare da ponte tra spazio reale e rappresentazione sacra, ma crea, in quanto cornice-barriera, una distanza insuperabile fra lo spettatore e l'immagine religiosa." M. FRANK, Giuseppe Torretti &., cit., p. 175; P. GOI, Scultura &, cit., p.92.

[11] Non si spiegherebbe altrimenti la puntigliosa descrizione delle vicende umane nell'episodio scolpito sulla sinistra della pala dell'Immacolata, o il racconto reso con squisita chiarezza delle tappe dolorose della vicenda umana del Cristo, nella pala dell'Addolorata.

[12] "Quos Evae culpa damnavit, / Mariae gratia solvit." L. REAU, Iconographie..., cit., II, 2, pp. 75-83.

[13] "E un gran portento apparve nel cielo: una donna ravvolta nel sole, e la luna sotto i suoi piedi, e sul suo capo una corona di dodici stelle." Apocalisse, 12, 1.

[14] "Porrò inimicizia fra te e la donna, fra la stirpe tua e la stirpe di lei; essa ti schiaccerà il capo, e tu insidierai il suo calcagno." Genesi, 3, 15.

[15] Sbarazzandosi dei precedenti attributi tratti dal Cantico dei Cantici, cui prima ci si riferiva rievocando le dolci litanie rivolte alla sposa allegorica Sulamite.

[16] Nel XVI secolo, i Gesuiti, dopo i Francescani, si fecero i campioni del dogma della Madonna Immacolata Concezione. Il Concilio di Trento consacrerà il suo trionfo. L. RÉAU, Iconographie ..., cit., II, 2, p. 78.

[17] Per la iconografia della Madonna addolorata cfr.: L. REAU, Iconographie &, cit., II, 2, pp. 102-110.

[18] L'iconografia dei Sette Dolori qui esposta dal Torretti non è molto rigorosa in quanto essa andrebbe definita nei tre episodi relativi all'infanzia: - la profezia di Simeone, - la fuga in Egitto, - Gesù Bambino resta nel Tempio fra i dottori; e nei quattro episodi relativi alla Passione e sono: - la salita al Calvario, - la Crocefissione, - la deposizione, - la sepoltura.  L. REAU, Iconograpie..., cit., II, 2, pp. 108-109.