SCHEDA CATALOGO OPERE SCULTURA E ARCHITETTURA
Numero Catalogo | S13 pagg.110-128 |
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Data | 1593/1604 |
Titolo | Altare del Santissimo Sacramento con il Redentore tra due angeli adoranti |
Ubicazione | Venezia, sacrestia della chiesa di Santa Maria Zobenigo. L'altare (fig.36) con il rilievo dei due angeli adoranti è adossato al muro verso il rio della sacrestia. Il Redentore (fig.25) invece, è collocato su di un pilastrino presso la parete di ingresso della chiesa, a destra della porta principale. Mentre il tabernacolo è posto sull'altare del Crocefisso della cappella Molin e sostiene una Pietà (fig.35). |
Materia | marmi vari. |
Misure | L'altare misura cm. 400x200c., il tabernacolo 72cm.x44cm., il Redentore 125cm., l'angelo di destra 106cm. e l'angelo di sinstra 101cm. |
Iscrizioni | "IVLII MAVRI OPVS" sul lato frontale della base quadrangolare della statua del Redentore. |
Stato di conservazione |
Mediocre. L'altare è ricoperto, sopratutto nelle parti più alte, da una sottile crosta nera. Sono visibili alcune lesioni nella trabeazione e, abbastanza diffuse, nelle due colonne. Da metà altezza sino a terra, l'altare presenta vistose alterazioni del tessuto lapideo, intaccato da formazioni di subflorescenza, provocate dal fenomeno della cristallizazione, ben visibili sopratutto lungo gli arti inferiori dei due angeli (figg.30-31). Si notano vere e proprie sfoliazioni, molto diffuse e tali da provocare il distacco di piccole parti di materiale alla base delle colonne e nel gradino di pietra rossa da Verona su cui poggiava il tabernacolo. Il fenomeno è più vistoso nelle parti che vengono a contatto con i sali solubili, assorbiti per capillarità dal muro che pesca nel rio. I due angeli hanno ormai perduto la primitiva freschezza, che era loro fornita dalla ricchezza di dettagli che ora, solo parzialmente, si mantengono nei riccioli del capo e nelle ali dell'angelo di destra. Il Redentore appare privo della originaria pellicola superficiale, probabilmente asportata dal dilavamento atmosferico durante la sua permanenza all'esterno della chiesa (cfr. Notizie storico-critiche). Sono sin troppo evidenti i restauri seicenteschi al braccio ed al piede destro oltre alle numerose e diffuse piccole alterazioni (figg.26-27-28-29). Anche il tabernacolo è in condizioni mediocri di conservazione (figg.32-34). Restauri: Si presumono eseguiti sul Redentore alla fine del XVII secolo, cioè poco dopo la documentata denuncia delle lesioni al braccio ed al piede destro. |
Descrizione |
Due eleganti colonne poggiano ai lati della mensa dell'altare. Il semplice paliotto è decorato al centro dalla testa di San Giovannino che il Lorenzetti (1926, pag.490) riconosce come "rilievo toscano quattrocentesco con influssi donatelliani (Desiderio da Settignano?). Sopra i capitelli corinzi delle colonne e dei brevi pilastrini che delimitano la nicchia, poggia una ricca trabeazione che, in alto nel timpano, incornicia una finestrella. Sospesi entro una trabeazione prospetica, identica a quella dell'altare, stanno due angeli adoranti con le braccia incrociate sul petto. Il Cristo risorto, immobile e composto, ci mostra con le dita della mano destra la ferita sul costato. Un lungo panneggio scende dalla spalla sinistra, ricopre per intero il braccio e si raccoglie dietro e possenti gambe del Redentore. Di pianta trapezoidale e costruito con semplici e classiche linee ioniche, il tabernacolo è ora sull'altare della cappella Molin. In pietra viva, come la statua del Cristo che in origine sosteneva sul suo tetto, è decorato nel timpano e sulle facce del basamento da incastonature di un delicatissimo marmo rosa maculato, di cui son fatte anche le quattro esili colonne. La piccola portella di bronzo dorato è lavorata a sbalzo e ci mostra il Cristo sorretto da due angeli. Due piccole nicchie vuote nelle facce laterali, alleggeriscono il blocco compatto della pietra. |
Notizie storico-critiche |
"Si doverà ridur quanto prima a perfettione la capella di nuovo fabricata del Santissimo Sacramento, et provedere di un tabernacolo grande et nobile, che corrisponda all'honorevolezza della Capella. ...". Così recita il primo punto del "sommario" della visita pastorale del patriarca Lorenzo Priuli, avvenuta il 13 maggio 1593 (crfr. fig.I, A.M.Z., b.31, f.B. - Visita a S.M.Z. - Ordini e Decreti negli anni 1556, 1581, 1593, 1609. c.17 -) (cfr. A.C.P., visita pastorale L.Priuli, 1593, c.439). Dunque nel 1593 l'altare era già edificato. E' probabile che non passerà molto tempo per la realizzazione del tabernacolo che, di un altare del Santissimo, è il punto essenziale, tanto più che, come si annotava nel "sommario" della visita pastorale, provvisoriamente: "il Santissimo Sacramento si ritiene in pisside honorevole d'argento, (...) sopra l'altar maggiore, sin tanto sia trasferito nella cappella a ciò destinata.". Dal 1593 non ci saranno visite pastorali sino alla visita Zane del 22 febbraio 1604, in cui si registrerà l'esistenza del tabernacolo (cfr. A.C.P., visita pastorale M. Zane, 1604, c.21), confermata anche dallo Stringa (1604) "di nuovo vi è la Cappella del Santissimo sagramento dal canto manco del maggior Altare, fornita ultimamente in bella, e ricca forma, col suo tabernacolo di pietra, assai ornato: sopra di cui vedesi un Christo risuscitato, in marmo, a i piedi del quale vi si legge: Iulij Mauri opus.". E' una preziosa e diretta documentazione di un contemporaneo, che ci fornisce la esatta configurazione dell'altare e del suo tabernacolo in pietra sormontato dal Redentore. Giulio dal Moro, dai documenti dell'archivio parrocchiale, risulta essere stato elettto Gastaldo della Scuola del Ss.mo Sacramento nel 1604 e nel 1611 (cfr. Regesto alle date). L'opera di Giulio subì molti spostamenti e le sue parti furono ben presto smembrate. Per queste ragioni, per meglio comprendere le vicissitudini si rende necessario fare un breve richiamo ai grossi sconvolgimenti architettonici che occorsero alla fabbrica di questa antichissima chiesa, una delle cinque "matrici" che si ricordano a Venezia verso la fine del XVII secolo. Il ricco lascito testamentario del nobile Antonio Barbaro del 12 ottobre 1678 (A.S.V., Sez. not. - Testamenti, Atti notaio Domenico Garzoni Paolini b.487/48), pubblicato dal Brunetti (1952), a favore della chiesa per l'edificazione di due altari ed un monumento funebre per sè ed i suoi fratelli, diverrà l'occasione per edificare l'attuale facciata. Ma sopratutto darà l'origine ad una radicale ristrutturazione "a fundamentis" della chiesa a partire dal 1679 fino al 1700, quando nella terza domenica di luglio sarà nuovamente consacrata, e come si legge ancor oggi nella iscrizione a fianco dell'altar maggiore a sinistra: "templum vetustissimum ter a fundamentis extructum.". Infatti per consentire al "deposito" Barbaro di essere ammirato con maggior agio, si ruotò la disposizione di tutta la fabbrica di 180 gradi, edificando la grandiosa facciata e lingresso principale della chiesa dalla parte del campo anziché dalla parte della fondamentina del rio dove era la antica "porta grande". La cappella maggiore di Ca' Contarini fu riedificata proprio sopra questa fondamentina, portando i muri dell'abside e della nuova sacrestia proprio sul canale, come risulta dalla nota dei lavori eseguiti dal murer Bartolo Fanello del 20 giugno 1684 (cfr. A.M.Z., b.14, fogli sciolti). Una piantina che risale probabilmente all'VIII decennio del XVII secolo, con la vecchia sistemazione della chiesa (cfr. fig.V, A.M.Z., b. s.n. "F", fascicolo "C" dal titolo: Chiesa e Capitolo S.ta M.a Zob.o. La scola dell'Anontiata, detta dei Forneri, c.13), ci fa comprendere meglio i cambiamenti ed individuare la esatta collocazione originaria dell'opera di Giulio. Essa, infatti, nasceva nella piccola cappella del Ss.mo Sacramento e cioè a sinistra dell'attuale parete dell'ingresso principale. Si noti la vecchia sacrestia per i paramenti, e l'antico ingresso dal sottoportico attraverso la "Capella del Christo". In questa occasione il piovan Giacom Panighetti creerà un unico locale, abbattendone il muro divisorio ed eliminando la sopra-sacrestia, facendovi poi edificare il nuovo altare del Crocefisso (cfr. A.M.Z., busta 26, f.13; e busta 14, fogli sciolti). La chiesa era di tipo basilicale, ripartita in tre navate, vedi ainche l'interessante disegno (cfr. fig.VI - A.M.Z., busta 14, fogli sciolti), che ci mostra sulla sinistra la cappella del Sacramento con la finestrella a semicerchio che è la stessa che ancor oggi è aperta nel timpano del medesimo altare (con l'identicotipo di vetrata), e che ora è collocato nella sacrestia nuova, dove per l'appunto fu trasferito. E ciò avvenne, non solo in conseguenza di queste ristrutturazioni di fine XVII secolo, ma anche perchè la funzione di cappella del Sacramento fu assegnata ad una cappella laterale della navata destra, ove fu edificato un nuovo altare su disegno del Sardi. Così il vecchio altare perse i suoi importanti attributi e fu trasformato in semplice altare della nuova sacrestia. In un documento dei Capitolari della chiesa indirizzato ai venerandi Confratelli della Scuola del Corpo di Gesù, troviamo per la prima volta, nelle carte d'archivio, l'esplicito riferimento alla statua di Giulio dal Moro. In esso dobbiamo purtroppo constatare che, dopo appena dei decenni circa, l'opera fosse già in cattive condizioni e che non stava sull'altare del Santissimo, dove avrebbe dovuto essere, e come annotava anche il Martinioni nel 1663: "Ha di nuovo questa Chiesa la Cappella del Santissimo Sagramento riedificata in bella forma con il Tabernacolo di Marmi, sopra il quale vi è un Christo risuscitato fatto da Giulio dal Moro.", ma era posta sul banco della Scuola. In questo documento, infatti, i preti capitolari lamentavano le cattive condizioni della chiesa e concludevano: "Aggiungiamo una nuova supplica et è questa Veneranda Scuola ha una figura d'un Salvatore in Pietra opera del mauro, così mal proveduta di luoco, e di dito che incantonata in testa dell'istesso banco della scuola resta ogetto miserabile sucumbente ad ogni accidente. Come de fatto si vede l'istessa figura senza un Braccio offesa in un Piede con altre lesioni che sono chiari segni di maggiori infortunij; che però si supplica venga mai haber intentione di togliere all Scuola il suo Jus reale sopra la medesima figura del Salvatore, ma di solo permetterci che possiamo haverla, per nicchiarla sopra il Battisterio con quei adornamenti, che a noi parerà proprij; si che stante il Jus et padronanza riservata di sopra porsi la Scuola a suo piacimento e comodo, ..." (A.M.Z., b.26, f.13). Purtroppo il documento non è datato, ma può essere fatto risalire al periodo di poco antecedente alla ricostruzione della Chiesa (circa l'VIII decennio del XVII secolo), in quanto in esso si menzionano le precarie condizioni della fabbrica ed inoltre, con l'intento di ricavare qualche finanziamento dalla Scuola, è citata la Confraternita del Ss.mo Sacramento di Santa Maria Formosa, quale esempio da imitare perchè in quegli anni questa si era impegnata finanziariamente per la costruzione del campanile della chiesa che sarà ultimato nel 1688 (cfr. Spadari, 1986-87, pag.52). Non si conoscono le ragioni di questo primo spostamento, sta di fatto che da allora quest'opera subì numerosi cambiamenti di posto; né verrà nicchiata sul battistero come volevano i Capitolari, ma sarà collocata "dietro il Tabernacolo vi è un Salvator risorto, che era sopra del Tabernacolo della chiesa già demolita fatta con industriosa virtù del scalpello di Giulio dal Moro", come ci informa uno scritto anonimo settecentesco rinvenuto nell'archivio parrocchiale e titolato "Additione", dove si legge anche che "In Sagrestia vi è una madre di Pietà dono del R. P. Andrea Vescovi, E.mo Prete, et futura di ..." senza completare la frase con il nome dell'artista (cfr, A.M.Z busta n.14). Sarà poi lo spostamento nella cappella Molin di questa Pietà che consentirà al Redentore di riprendere il suo posto sull'altare in sacrestia, dove per l'appunto sarà ricordato dalle fonti ottocentesche (cfr, Paoletti, 1837; Zannandreis, 1891). Ma anche dalla sacrestia dovrà essere trasferito, se il Venturi (1937) lo descrive all'esterno sopra la porta dell'ingresso laterale, dove sarà fotografato da P. Fiorentini tra il 1930 ed il 1936. infine M. Brunetti (1952) dopo aver riferito che "per qualche tempo, fu collocato sotto il pulpito, di fronte alla porta laterale", lo menziona, finalmente, nella attule posizione, e cioè sul pilastrino a destra della porta principale. E' una lunga peregrinazione che seprò - come è tuttora - il Cristo Redentore dal contesto originario in cui fu concepito ............. pag. 122 |
Bibliografia | Stringa, 1604, pag. 90.a; Martinoni, 1663, pag.113; Paoletti, 1837, pag.126; Selvatico, 1847, pag. 405; Zannandreis, 1891, pag.136; Lorenzetti, 1926, pag.490; Venturi, 1937, pagg.268-269-271; Brunetti, 1952, pag.21. |
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